ARTISTS
Alberto Colliva
Vittorio Mascalchi
TEXTS BY
Pasquale Fameli
COLLABORATION
Mascalchi family
Colliva family
VERNISSAGE
October, 31
AMBIGUITÀ INEQUIVOCABILI
31.10 - 28.11.2023
Comunicato stampa Dal 31 ottobre al 28 novembre 2024, presso Studio la Linea Verticale, si terrà la mostra "Ambiguità Inequivocabili", una preziosa occasione per riscoprire e mettere in dialogo le opere di Alberto Colliva (1943-2023) e Vittorio Mascalchi (1935-2010), due figure di rilievo dell’arte italiana del secondo Novecento. Curata da Pasquale Fameli, l'esposizione esplora i percorsi autonomi dei due artisti, evidenziando affinità inattese che emergono con il passare del tempo. Il curatore, Pasquale Fameli, così descrive il progetto: "‘Ambiguità inequivocabili’ mette in relazione le ricerche svolte da Alberto Colliva (1943-2023) e da Vittorio Mascalchi (1935-2010) negli anni Settanta, in virtù di affinità elettive che solo un’opportuna distanza storica permette di individuare. Per vie assolutamente autonome, i due artisti hanno riflettuto infatti sullo statuto dell’immagine pittorica a partire dalle sue unità costitutive, lavorando sul confine tra le strategie illusive della rappresentazione spaziale e i processi rivelativi della materia impiegata. Entrambi hanno prodotto immagini basate sullo scivolamento tra le due e le tre dimensioni, coniugando il riesame di logiche proprie della visione prospettica a un’indagine sulle gamme cromatiche funzionale a riaffermare la bidimensionalità del supporto. Due differenti interpretazioni della tendenza analitica degli anni Settanta, due diverse modalità di condurre una verifica interna ai procedimenti della pittura, nel contrasto tra la profilazione esatta delle strutture formali e lo sviluppo imprecisato della loro estensione in profondità.” *Alberto Colliva è stato un artista particolarmente attento ai processi pittorici e alla natura dell’immagine. Nei suoi lavori degli anni Settanta, Colliva ha indagato le dinamiche della rappresentazione prospettica, operando una continua oscillazione tra la profondità illusoria della pittura e la piattezza del supporto. Attraverso una rigorosa attenzione alla gamma cromatica e alle strutture formali, Colliva ha esplorato la tensione tra bidimensionalità e tridimensionalità, creando opere in cui l’ambiguità visiva si fa elemento centrale della sua ricerca artistica. *Vittorio Mascalchi, dal canto suo, ha esplorato nei suoi lavori una dialettica simile, seppure con approcci differenti. Mascalchi si è concentrato sul rapporto tra l’immagine e la materia pittorica, investigando le modalità in cui la forma si sviluppa in profondità, pur restando ancorata alla superficie. Il suo approccio si distingue per un’analisi strutturale della pittura che si concretizza in forme precise, ma allo stesso tempo indefinite nella loro estensione spaziale. "Ambiguità Inequivocabili" è organizzata in collaborazione con gli eredi di Vittorio Mascalchi, in particolare Luca Mascalchi, e con Annusca Figna, moglie di Alberto Colliva. La mostra rappresenta una rara opportunità per il pubblico di conoscere da vicino due artisti di grande rilevanza storica, che hanno lasciato un segno importante nel panorama artistico nazionale. L'Inaugurazione: Il giorno inaugurale è previsto per giovedì 31 Ottobrw dalle 17 alle 20. Per ulteriori informazioni: Studio la Linea Verticale | via dell’Oro 4b | Bologna | www.studiolalineaverticale.it | info@studiolalineaverticale.it | +39 3920829558 | in-fb-ig: @studiolalineaverticale Dettagli dell'evento: Titolo: Ambiguità inequivocabili Artisti: Alberto Colliva - Vittorio Mascalchi Testo di: Pasquale Fameli Inaugurazione: 31 Ottobre 2024, ore 17:00-20:00 Durata della Mostra: 31.10-28.11.2024 Luogo: Studio la Linea Verticale, via dell’Oro 4b, Bologna Orari ordinari: Dal Mart. al Sab. 15.30-19 Connettiti con noi: Segui gli aggiornamenti e le anteprime della mostra sui social media e condividi usando gli hashtag ufficiali: #studiolalineaverticale #ambiguitainequivocabili
CRITICAL TEXT
By Pasquale Fameli
Ambiguità inequivocabili pone in relazione le ricerche svolte da Alberto Colliva (1943-2023) e da Vittorio Mascalchi (1935-2010) nel corso degli anni Settanta, in virtù di affinità elettive che solo un’opportuna distanza storica permette di individuare. A ben guardare, un accostamento tra i due autori potrebbe risalire già ai rispettivi esordi, avvenuti in seno all’esperienza informale, com’era inevitabile nella Bologna di fine anni Cinquanta. Una vicinanza puramente contestuale, di situazione cittadina, che si fa più esclusiva e stringente attorno al 1960, quando i due artisti si specializzano nell’inserimento di elementi oggettuali sulla tela, sull’onda della corrente new-dada. Al polimaterismo discreto e minimale di Colliva, caratterizzato dalla ricorrenza di tappi metallici, asticelle, incarti, foglietti adesivi e frammenti di vari spessori, Mascalchi oppone un montaggio più serrato di segnali, simboli e loghi: è tuttavia condivisa l’esigenza di confrontarsi in maniera diretta con la realtà visibile, con le istanze più artificiali della quotidianità, ordinate secondo schemi più o meno equilibrati che non lascino molto spazio al caso. Neppure le rispettive esperienze di fine anni Sessanta sono troppo divergenti nei valori generali, dal momento che rivelano un chiaro interesse per le costruzioni e le strutture: più allusive nel caso di Colliva, più astratte in quello di Mascalchi. Le tele prodotte dal primo artista dopo il 1965 si caratterizzano per la raffigurazione di impalcature indefinite o architetture incomplete che si staccano da fondali tersi e omogenei per cadere in un vuoto asfittico. Sono immagini che si basano sul contrasto percettivo generato dal rapporto tra la tridimensionalità dei volumi e la bidimensionalità dei loro piani d’appoggio. Le opere prodotte dal secondo artista dopo il 1965 scaturiscono invece da un’indagine sui meccanismi della percezione visiva basata sugli effetti di rifrazione del plexiglas: benché condotte sul piano materiale, anche queste soluzioni si focalizzano su un rapporto contrastivo tra bidimensionalità e tridimensionalità, esplorato mediante sovrapposizioni di lastre trasparenti, sagomate e di vari spessori. È in questa fase che si delineano alcuni elementi fondamentali per le ricerche degli anni Settanta cui è dedicata questa mostra. Tali soluzioni si rapportano in maniera differente a un preciso clima di lavoro: il ripensamento della pittura come insieme di procedimenti da indagare internamente, secondo un approccio analitico-tautologico affine a quello della coeva esperienza concettuale. È la riduzione dell’opera a un processo fisico o mentale attraverso l’impiego di strumenti tradizionali e l’evidenziazione dei loro valori strutturali. Sono le prerogative della tendenza nominata, a seconda dei casi, Nuova Pittura, Pittura-Pittura o Pittura Analitica, volta a esaminare i mezzi e le procedure più elementari del linguaggio pittorico. Per vie del tutto autonome, Colliva e Mascalchi si trovano così a riflettere in quegli stessi anni sullo statuto dell’immagine pittorica a partire dalle sue unità costitutive, lavorando al confine tra le strategie illusive della rappresentazione spaziale e i processi rivelativi della materia impiegata. Entrambi producono ora immagini basate sempre sul rapporto tra bidimensionalità e tridimensionalità, coniugando però il riesame di logiche proprie della visione prospettica a un’indagine sulle gamme cromatiche funzionale a evidenziare la natura del supporto. La progressiva solidificazione dei volumi architettonici profilati già alla metà degli anni Sessanta porta Colliva verso un iperrealismo enigmatico, volto a esplorare la consistenza delle superfici: ne scaturiscono perturbanti visioni ravvicinate di porte, stipiti, sportelli e mura diroccate suturate in tutte le aperture. Sono parti di un ambiente immaginario, proiettato fuori dal tempo e bloccato in una luce indecifrabile, di ascendenza metafisica. Questo mondo prospettico inquieto, accidentato e privo di atmosfera, attira l’osservatore in un labirinto plastico di geometrie nitide e imperfette negate a qualsiasi compiutezza strutturale. L’ambiguità di questi spazi così icastici, dettagliati eppure impraticabili, porta l’occhio a interrogarsi sulla propria efficacia conoscitiva, conducendolo però ad altezze vertiginose, dalle quali nulla sembra più riconoscibile. Colliva non si esime quindi da una verifica interna ai processi della pittura ma la affida a parametri oggettivi, quantificabili, focalizzandosi sulle logiche della rappresentazione per smontarla e rimontarla dall’interno. Non si tratta quindi di un’indagine chiusa, limitata ai soli fattori materiali dell’opera: come scrive Pier Giovanni Castagnoli nel 1973, siamo di fronte al «tentativo di ricentrare la visione e rifocalizzarla per verificare con quali occhi si guardi e quale spazio e che mondo ci stia innanzi». L’approdo di Mascalchi alla Pittura-Pittura, nei primi anni Settanta, sembra trovare invece indiretti rapporti con i primi esperimenti di computergrafica, per via delle volumetrie immateriali e vibranti profilate sulle tele. Anche in questo caso, lo spazio virtuale progettato dall’artista diventa il campo visivo nel quale testare e decostruire i meccanismi dell’illusione, ricorrendo a un sistema irregolare di assi obliqui che si concentrano e si dilatano all’interno di un vuoto imprecisato. Questa motilità interna delle strutture è ciò che distingue il suo lavoro dalla Pittura Analitica propriamente intesa: l’artista conduce infatti una ricerca sul colore-luce e sugli effetti di rifrazione nella virtualità di uno spazio costruttivo ricco di insidie percettive. La tela assume la funzione di un campo proiettivo in cui le diagonali si intersecano in ritmi essenziali ma dinamici, attirati entro i fuochi di irregolari prospettive multiple. È proprio per questo se, nel 1974, Castagnoli rileva nella pittura di Mascalchi una «sintomatologia dell’incerto», «dell’inquieto» e «dell’instabile»: un’attenta osservazione di quelle che, al primo sguardo, appaiono come geometrie rigorosamente calibrate si rivelano infatti cariche di spinte, diversioni, tensioni policentriche e stravolgimenti direzionali che obbligano lo sguardo a ripetute incongruenze spaziali. Quelle di Colliva e di Mascalchi sono dunque due interpretazioni della tendenza analitica degli anni Settanta, differenti ma affatto incompatibili: due diverse modalità di condurre una verifica interna ai procedimenti della pittura, svolta nel contrasto tra la profilazione esatta delle strutture formali e lo sviluppo imprecisato della loro estensione in profondità.
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